Contribuire a curare un momento peculiare come un ritorno a casa è una questione molto delicata. Il ricongiungimento con il passato, la voglia di trovare una dimensione nuova nella quale confluiscano senza attriti ricordi e sensazioni di vita vissuta e le prospettive di quello che sarà invita ad una riflessione sui luoghi e sulle modalità di celebrazione che non cadano nel luogo comune.
Lo spirito della scelta di celebrare a Napoli la prima dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, quel “E’ stata la mano di Dio” già selezionato per rappresentare l’Italia ai prossimi premi Oscar, l’opera più personale, intima e probabilmente potente del regista partenopeo, era proprio questo, dichiarato e perseguito dal “festeggiato” ed assolutamente condiviso da Netflix, che del film ha curato la produzione.
E allora è stato quasi fisiologico restituire il senso della prossimità con la città di chi aveva inteso portarci il film per la sua prima uscita immergendo le attività di promozione nel suo cuore pulsante, per creare il momento culminante in uno dei centri nervosi del sistema culturale e monumentale di Napoli. Il Teatro di San Carlo, i giardini del Palazzo Reale, luoghi dove l’arte e la cultura non sono solo corollario monumentale ma prendono letteralmente vita, offrendo uno sguardo vivo e vitale agli ospiti senza consentire alcuna caduta nell’oleografia. Per far sentire tutti a casa, anche se una casa dichiaratamente speciale ed unica, come quella raccontata da Sorrentino.
Un film è un’opera corale, e la settima arte vive necessariamente della collaborazione di migliaia di persone per quella che non è solo un’attività di produzione culturale quanto un lunghissimo fil rouge che tocca e interseca vite, sensibilità ed esperienze in un percorso fatto di molti momenti importanti, ed alcuni – quelli pubblici, a contatto con gli spettatori – che assumono un valore simbolico particolare. Aver potuto essere parte di uno di questi momenti di definizione, contribuendo anche a fasi delicate come la cura dei rapporti con le principali istituzioni culturali coinvolte, modulando le esigenze dell’intero parterre dei soggetti che dell’evento erano parte integrante ed attori protagonisti è stato un importante esercizio di cultura del progetto, col quale siamo fiere di esserci potute misurare.